La libellula armata – Paolo Giovanni D’Amato
L’articolo di Valentina aveva scatenato le idee e le interpretazioni di un mondo che aveva bisogno di eroi, e se di eroi non ce n’erano, pazienza, la gente si sarebbe accontentata di noi.
Noir particolare
La libellula armata è il notevole noir d’esordio di Paolo Giovanni D’Amato.
Un noir, bisogna dire, decisamente particolare: non incontreremo serial killer psicopatici, né detective costretti a una corsa contro il tempo per salvare vite umane. No, La libellula armata preferisce condurre il lettore per una Roma corrotta e disperata, quella delle borgate afflitte dalla crisi e sempre con un debito da saldare.
Su questo sfondo grigio e triste si muove Diego, il protagonista: egli è l’emblema dell’odierna gioventù, con i suoi ideali, il suo futuro fatto di precarietà e la conseguente rabbia mista a rassegnazione.
Diego è un banalissimo studente fuori sede, i cui pensieri tuttavia non riescono a concentrarsi sui libri e sugli esami da dare: i suoi genitori infatti possiedono un’officina, ma a causa della crisi economica non riescono più a guadagnare quanto basta per vivere. E Diego, caricando sulle spalle già curve dei genitori le sue spese universitarie, si sente in colpa.
La meritocrazia è falsa
Il ragazzo decide dunque di trovarsi un lavoro che possa renderlo economicamente indipendente e un aiuto per i genitori.
Ci riesce. Ed è anche un lavoro stimolante, in fin dei conti: diventa un montatore di video presso l’emittente “Urbe Channel”.
Questo potrebbe essere l’epilogo felice, ma non ne La libellula armata (come accade spesso realmente).
Anche con uno stipendio onestamente guadagnato, infatti, la vita rimane dura e costosa, il contratto regolare non arriva e il fiato dei creditori sul collo è sempre più umido e caldo.
È questo il primo messaggio disilluso che l’autore ci propone: la meritocrazia, la favola del duro lavoro che compensa e gratifica chi ha voglia di sacrificarsi è falsa, è un’aurea bugia per occultare una realtà tetra e crudele, in cui chi si impegna non vede sempre la fatica trasformarsi in un frutto. Ecco che cosa dice il libro:
«Sentirsi inutili, completamente. Io lo so cos’è che si prova. Sai com’è? È quando la mattina ti alzi dal letto e pensi: mi alzo per fare che cosa?»
Poi tacque, infilò il volto tra le mani e respirò profondamente per evitare l’umiliazione del pianto. […]
Ci guardammo intorno, in quel microscopico pezzo di mondo, tra le macerie di un sistema che premiava gli speculatori e colpiva senza pietà chi aveva commesso un errore per evitare di finire in mezzo a una strada. Non c’era modo di salvarli e non c’era modo per me di dimenticare quanto stavo vedendo.
Ladro per la giustizia
Il lavoro come montatore di video è quindi per Diego non tanto una soluzione, quanto un mezzo per aprire ancora di più gli occhi sulle condizioni di tante vittime della crisi economica. È così che da comune ventenne, cresciuto in una famiglia onesta e di sani principi, il sempliciotto studente fuori sede decide di diventare un ladro.
Inizialmente è solo un “innocente” taccheggiatore, ma poi finisce per svaligiare le case con in mano una pistola carica.
Eppure Diego, così come Sandro, il suo compagno di rapine dal passato enigmatico, non ruba per arricchirsi, bensì per ristabilire un equilibrio in una società folle, squilibrata e ingiusta. Con le parole di Sandro:
Io non mi arricchisco sulla pelle delle persone. Rubo, è vero, ma solo a chi ha rubato già mille volte più di me. Rubo per rimanere libero, non per arricchirmi, e riguardo allo schifo che ci circonda, io sono innocente. Non ho padroni, non finanzio con le mie tasse questo porcile, e nessuno potrà mai dirmi cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Diego è un criminale, ma non è un malvagio: dona il bottino delle rapine a quei cittadini disperati che non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Sulle buste piene di denaro che lascia nelle cassette delle poste, si firma con un piccolo disegno, raffigurante una libellula. Libellula, dal latino “libra”, che significa anche “bilancia”: il simbolo della giustizia.
Diego è un moderno Robin Hood che fa di Roma la sua Nottingham. E forse solo i personaggi leggendari hanno davvero il privilegio di poter vivere liberamente i propri ideali: l’epilogo de La libellula armata è triste, tuttavia è l’unico veramente possibile. D’Amato vuole offrire ai suoi lettori una storia vera, non giusta, non appagante, non rassicurante; soltanto una storia che sia sufficientemente aderente alla realtà da rivelarne le imperfezioni, le brutture, le deformità.
Ritratto equilibrato di un mondo violento
Lo stile si adegua abbastanza bene a questo intento realista: il narratore è Diego stesso, e la storia è perciò raccontata in maniera fluida e quasi scattante, dal punto di vista di un ragazzo molto giovane, idealista e irrequieto, incline all’uso del dialetto romanesco. Fortunatamente però l’autore non inciampa in un abuso gratuito del turpiloquio, come invece altri suoi colleghi che vogliono emulare il neorealismo e finiscono per scimmiottarlo.
Ne La libellula armata la crudezza, la sporcizia e la violenza non sono mai mitigate, eppure si intrecciano con una speranza e una linfa vitale tutta giovanile: il risultato non è una realtà edulcorata, è l’equilibrato ritratto di un mondo osservato da ogni suo lato.
Ciò che probabilmente manca al romanzo è qualche momento epifanico in più, delle descrizioni più elaborate, maggiori soste riflessive che mettano in pausa il sempre incalzante ritmo narrativo. Tuttavia, è innegabile che La libellula armata sia un romanzo realista coraggioso e intrigante, lodevole per il contenuto e per lo stile che, seppure ancora da perfezionare, sa già distinguersi.
Mentre seguiamo con il fiato sospeso le avventate imprese di Diego, La libellula armata ci ricorda il reale scopo della letteratura, nascosto dietro al pretesto dell’intrattenimento: riflettere, riconsiderare, aprire gli occhi.
Buona lettura!
Ho scelto un protagonista non romano, come me, per poter mantenere lo stupore che prova un provinciale nei confronti di quel complicato e meraviglioso miracolo che è Roma. Spero di essere riuscito a tradurre bene il mio restare a bocca aperta ogni volta che andavo in giro a esplorare la città!
un libro che non conoscevo, penso che sarebbe proprio una piacevole lettura
Deve essere da quel che ho letto un libro davvero bello, abbiamo bisogno di eroi o di messaggi, in un mondo che non fa che darti falsi simboli coperti da una coltre di falsa purezza e meschinità, se riesco lo recupero volentieri, grazie per questa recensione non conoscevo l’autore.
L’ho scritto proprio perché sentivo forte in me la necessità di vivere (sia pure attraverso Diego) le avventure di un antieroe tanto pieno di problemi quanto di soluzioni (sia pure problematiche). Un duro e puro che cade e si rialza in continuazione.
un libro che penso mi piacerà. domani devo passare in libreria e vedo se lo trovo.
Da amante della città di Roma credo che mi potrebbe piacere anche solo per il suo contesto